mercoledì 8 giugno 2011

Recupero Ricordi

Come al solito in questi casi, la sera prima di andare da Corrado mi venne la febbre. Pensai che quella volta non avrei rinunciato a fare chiarezza solo per una febbricola del cavolo che tra l’altro avevo anche previsto. Così il giorno dopo, nonostante la febbre, mi misi in treno e andai a Pisa. Corrado mi fece subito una buona impressione: una persona molto simpatica e alla mano, che metteva a proprio agio. Iniziammo a parlare di argomenti generici, come gli studi universitari che facevo, e la mia vita. Corrado aveva ogni mia mail conservata, inclusa ovviamente quella del mio TAV inviatogli nel 2008: così cominciammo a riguardarlo insieme. La cosa veramente strana è che riguardandolo lì, con lui, mi vennero in mente tante di quelle cose che non riuscivo a capire come fosse stato possibile non averle menzionate e scritte prima (sembra che l’errore del 2% del TAV nel discriminare gli addotti sia dovuto a delle inconsce censure che fanno sì che i dati siano falsati) . Ad esempio, risposi negativamente alla domanda che chiedeva se avessi mai fatto sogni di tipo militare, nonostante dall'età di circa 12 anni facevo continuamente sogni ricorrenti di quel tipo: io sembravo il personaggio femminile del videogioco Resident Evil, ovvero una donna armata con una tuta di colore azzurro e blu scuro che andava in giro ad uccidere zombie ed a sparare ovunque. Dopo aver esplorato abbastanza domande, che andando avanti si scoprivano essere positive una dopo l’altra, Corrado mi chiese di scegliere un sogno a caso del tipo appena discusso.

Scelsi un sogno in cui io mi trovavo, vestita da militare ed armata, nell’ascensore della casa in cui abito, e aspettavo che si aprissero le porte per sparare agli zombie che mi avrebbero aggredita. Fu da lì che cominciò l’impiego, da parte di Corrado, della tecnica delle àncore, che mi ricordava molto un tipo di tecnica utilizzata da Sigmund Freud, il padre della psicoanalisi, di cui avevo letto qualche libro in passato: la tecnica delle associazioni libere. Individuata questa analogia, capii subito che dovevo lasciar fluire tutto quello che mi veniva alla mente in modo da facilitare il lavoro ad entrambi: e così feci.

Fermando l’immagine di me nell’ascensore e guardandomi bene dall’esterno, notavo che le mani non erano proprio le mie, erano delle mani rugose e rinsecchite; che gli occhi non erano i miei ma erano rossi e con le pupille verticali; che quella che sarei dovuta essere io, era invece una cosa senza capelli. Dopo aver visto per bene questo fermo immagine, la scena è ripartita come avviando una registrazione video: le porte dell’ascensore si aprivano e… non c’erano più gli zombie… non c’era più la porta di casa mia! Vedevo invece un lunghissimo tunnel… che sembrava sotterraneo. Percorrevo questo corridoio dall’alto per poi arrivare in una grande stanza dove c’erano degli esseri strani: alcuni sembravano dei lucertoloni, altri erano i piccoli grigi, che parlavano, ma non mi potevano vedere… ma a me non piaceva stare lì, quindi ho ripercorso il tunnel all’incontrario tornando nell’ascensore.

A quel punto, Corrado mi chiese di ripercorrere questo sogno all’indietro, sino a come ero arrivata nell’ascensore… da cui parte il momento che ricordo con più intensità emotiva e che descriverò con precisione, riportando i dialoghi che ancora ricordo dettagliatamente anche a distanza di anni.

Ripercorrendo quel sogno in rewind, potevo vedere me stessa scappare nell’ascensore dall’esterno, dal cortile di casa mia, dove avevo parcheggiato la macchina, rincasando in tarda notte da una serata con gli amici. Nei dialoghi, utilizzerò la C. per riferirmi a Corrado e la E. come riferimento a me stessa.

C.: Quanti anni hai?
E.: 21


Scappavo perché c’era una luce che mi seguiva. Guardando bene la luce, vidi che era come un raggio che m’illuminava. Intorno a me, solo il buio.

C.: e ora che succede?
E.: cerco di scappare… ma non riesco… Vedo luce… sto entrando nella luce…


Seguì una pausa in cui rimasi in silenzio e non parlavo più…

C.: ..e ora che succede?
E.: sto guardando da una finestra
C.: che cosa vedi dalla finestra?
E.: le stelle…
C.: guardati le mani
E.: non ce le ho
C.: prova a voltarti, cosa c’è dietro di te?


All’improvviso cominciai a tremare e a singhiozzare.. Stava iniziando lo sblocco emotivo totale.

E.: non voglio vedere cosa c’è dietro di me!
C.: ma tu lo sai cosa c’è dietro di te
E.: no!
C.: sì che lo sai, guarda


Voltandomi in quella scena, vidi me stessa, o meglio, il mio corpo, (io mi percepivo in alto vicino alla finestrella)

C.: c’è qualcuno con te?
E.: no…


 Ero stesa su un lettino, sembrava di ferro, con un unico piede centrale. Potevo sentire il freddo del lettino e nell’ambiente. Ero coperta da un lenzuolo bianco che mi arrivava sino al collo, ed ero nuda. Da allora non smisi più di piangere, il tutto stava ormai venendo fuori.

C.: era proprio un lettino, o era piegato come una sedia?
E.: mi sembra una specie di sedia


Infatti il ricordo del letto cominciò a sfumare diventando una specie di lettino-sedia di quelle snodabili che si vedono dal dentista.

C.: c’è qualcuno con te?
E.: (con voce tremante) sì
C.: chi c’è con te?
E.: i grigi
C.: quanti sono
E.: tre
Ero impaurita…
C.: cosa fanno?
E.: mi guarda… mi guarda!


Corrado, probabilmente sulla base della casistica precedente e conoscendo il modo di comportarsi di questi esseri, fece un movimento inclinando il volto, che allora non sapevo cosa potesse significare

C.: e come ti guarda?
E.: … basta! Basta!!


La scena di quell’occhio orribile, completamente nero e vuoto, mi terrorizzò, e lì in quel loro veicolo UFO ero spaventata e infreddolita.

C.: e gli altri, cosa fanno?
E.: uno ha qualcosa in mano
C.: che cos’è?
E.: sembra una pistola… si sta avvicinando, vuole spararmi!
C.: dove ti spara?
E.: nel naso…
C.: in quale narice?
E.: destra


Dopo questa scena, il ricordo proseguiva con me che, imbestialita, mi sollevavo all’improvviso e gettavo per terra tutti gli aggeggi che stavano su un tavolino di metallo davanti a me. Due dei grigi se ne andarono fuori, ma il terzo, che probabilmente avevo colpito nell’agitarmi, rimase per terra in posizione fetale, sveglio: il suo viso era rivolto verso di me, e anche quei vuoti occhi neri. Io, che ero di fronte a lui, lo guardavo…

C.: che cosa provi?
E.: mi fa pena… e voglio tornare a casa
C.: e come torni a casa, ti riportano loro?
E.: mi teletrasporto
Quando rimisi i piedi a terra
C.: quanti anni hai?
E.: 15.


Il ricordo finisce così. O meglio i ricordi, perchè spesso avviene che i ricordi si mescolino assieme e si fondano nella memoria.

C.: posso dirti che sei stata addotta, ma non sono sicuro che tu lo sia ancora, perché a volte le persone si ribellano a quello che gli viene fatto… quello che inseriscono con quella specie di pistola pare sia un microchip… lo sai che se è attivo loro ora ci stanno sentendo?

Lì per lì, ero sconvolta. Non tanto per la paura che avevo appena provato, quanto per il fatto che era così forte, immediata, inaspettata (perché non pensavo di nascondere dentro sensazioni di tale intensità). Inoltre, all’epoca, di fronte all’affermazione sul fatto che ci potessero sentire se il chip fosse stato ancora attivo, pensai che Corrado avesse qualche rotella fuori posto! Mi sembrava una cosa assurda, e di fatto lo è... ma il fatto che una cosa sia assurda non significa che non sia reale.

 Solo ora posso affermare che ciò che Corrado mi disse, a proposito del chip (quello recentemente definito “emozionale”), era già un primo tentativo da parte sua di spronarmi a reagire e a cercare di uscire dal problema delle abduction il più presto possibile.

Facemmo un altro “gioco”: io avrei dovuto provare a guardarmi in uno specchio. Emerse l’esistenza di qualcosa che mi faceva sentire “diversa” rispetto alle altre persone…
Pensando a questa caratteristica, in termini generali, senza provare a definirla nello specifico:

C.: com’è questa cosa che ti fa sentire diversa dagli altri?
E.: è grande!
C.: grande…
E.: e forte!
C.: prova a guardarti ancora nello specchio… cosa vedi?
E.: … un serpente!


Infatti in quel momento mi sembrò di poter sentire di nuovo la paura di Satana che nelle tante notti di quando ero più piccola mi tormentava. E la prima cosa che vidi fu, appunto, un serpente. Avendo letto in parte il libro Alieni o Demoni, pensai subito che quella figura fosse legata alla MAA (memoria aliena attiva) che era in me.
Qui finisce il lavoro di recupero ricordi tra me, che ero spiazzata e incredula, e Corrado che con la sua esperienza e le sue dritte, mi appariva come una figura rassicurante.

C.: adesso noi abbiamo solo modificato un po’ la mappa del territorio, probabilmente cambierà qualcosa.
E subito dopo:
C.: conosci la tecnica del S.I.M.B.A.D.? E’ una tecnica molto semplice che può aiutarti a uscire dal problema. Ti crei la tua stanza con le parti di te, Anima, Mente e Spirito, e puoi eliminare tutte queste cose che non vanno. Ci metti mezz’ora!


Questa filosofia molto sprint mi gasò tantissimo e, ringraziando infinitamente Corrado, che da quel momento in poi considero una persona che mi ha in un certo senso (o forse in tutti i sensi) salvato la vita, lo salutai. Mi chiedevo, dunque, se la mia mappa fosse realmente cambiata…

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